Bianco e nero napoletano
Editore: Brizzi Comunicazione
Formato: e-Book e libro con copertina flessibile
Pagine (cartaceo): 95
Anno di edizione: 2020
Ma chi era questo Oreste Tesorone? Un personaggio vissuto tra il XIX e il XX secolo, un esploratore gastronomico, un viaggiatore, un attore del teatro e del cinema muto napoletano e il bisnonno di mio genero Walter de Georgio. E’ stato questo lontanissimo filo di parentela a spingermi alla scrittura di questo romanzo breve tentando di superare le difficoltà di questa impresa, quali dato la mia natura di tosco-romano la scarsa intimità con la napoletanità, e i dati frammentari esistenti riguardo al percorso del nostro amico Tesorone. E’ stata l’immaginazione del romanziere a colmare la mancanza di certezze con la scrittura di storie se non vere almeno verosimili. Conosciamo la data di nascita di Oreste Tesorone nel 1866 e ci è noto che, giovane sposo con moglie e figlio, sia emigrato nel Siam, l’attuale Thailandia, con il progetto dell’installazione di una fabbrica di pasta. Un progetto sbagliato in partenza perché quel prodotto era stato promosso in quel territorio dai cinesi qualche secolo prima. Tre anni di vita brillante nella buona società siamese, compresa la frequentazione del palazzo reale, la nascita di un secondo figlio e l’inevitabile ritorno a Napoli prima d’esaurire tutto il suo capitale. Oreste Tesorone era un’anima inquieta ma di un’intelligenza brillante che gli consentì dalla sua casa ai Quartieri Spagnoli di provvedere brillantemente a una vita dignitosa per la sua famiglia che era lievitata in modo impressionante con la nascita di altri cinque figli. L’anima inquieta però prese il sopravvento sulla saggezza dell’uomo e nel 1903 all’età di 37 anni s’imbarcò per l’America alla ricerca di una fortuna che riteneva gli spettasse di diritto. Partì con tutta la numerosa famiglia? Ma neanche per sogno! S’imbarcò da solo assicurando alla fedele consorte che ogni mese avrebbe provveduto ed inviarle il denaro per una vita tranquilla e che sarebbe tornato ricco dopo un anno o due. In effetti negli Stati Uniti raggiunse una buona posizione, divenne anche giornalista del Tribune e s’insediò talmente bene nella società che si risolse a tornare in Italia solo dopo la minaccia di denuncia di abbandono del tetto coniugale che la stanca consorte gli fece notificare dal Consolato italiano. Disponeva di un buon gruzzolo di dollari che non sarebbe però stato sufficiente per il suo menage familiare e allora cercò un lavoro adatto alla sua personalità. Napoli nel periodo della guerra e negli anni successivi era una città molto viva dal punto di vista culturale. Raffaele Viviani e Scarpetta erano molto attivi nella produzione teatrale, il poeta Salvatore Di Giacomo scriveva i versi delle belle canzoni e il cinema muto eccelleva nel panorama italiano per l’azione di validi produttori tra i quali eccelleva la famosa regista Elvira Notari. Oreste Tesorone s’accostò al mondo del cinema e del teatro quasi causalmente e ne divenne un autentico protagonista come attore e sceneggiatore, oltre a firmare un paio di regie. In una decina di anni Oreste Tesorone partecipò a più di trentacinque pellicole divenendo una star del muto napoletano. Era sopravvissuto alla guerra, all’infezione dell’influenza spagnola e aveva appreso a convivere con l’Italia fascista.
Mi auguro che la stesura di questo romanzo breve serva a lasciare una traccia viva di questo autentico protagonista della cultura napoletana e che lasci ai suoi eredi viventi un ricordo acceso di questo singolare progenitore.